A little while

08.08.18 sera [Sebastian - Brian]

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    Non avrei mai immaginato di dover rimettere piede qui, al Ballynamire. Pensavo che dopo il disastro dell’incendio questo posto sarebbe rimasto chiuso, ma evidentemente mi sbagliavo. Ma soprattutto, non mi sarei mai aspettato che l’Irlanda potesse mancarmi così tanto. È vero, non sono mai stato un tipo molto socievole e durante la mia permanenza al college non ho fatto amicizia con molti ragazzi, anzi, ad essere sincero, non ho socializzato praticamente con nessuno. La persona che poteva più avvicinarsi alla definizione di amico è stato Aaron. Non mi dispiaceva affatto averlo intorno, perché caratterialmente era molto simile a me. Non ho sue notizie dall’incendio, quando siamo stati tutti costretti ad andarcene dal college, chissà che fine avrà fatto. Ogni tanto mi ritrovo a pensare a lui, ho perfino pensato di chiamarlo, una volta. Non so che cosa mi abbia fatto cambiare idea.
    Da quando sono tornato in Inghilterra, a casa mia, gli zii non hanno fatto altro che tormentarmi: mi chiedevano ogni due secondi se avessi preso tutte le mie medicine, avessi ho mangiato abbastanza, con chi uscissi o se stessi bene. Rischiavo davvero di impazzire con loro sempre con il fiato sul collo. Lo so che lo fanno perché ci tengono a me, però dovrebbero stare più tranquilli e lasciarmi in pace.
    Appena è arrivato l’avviso della riapertura del Ballynamire, sono stati felicissimi a ripropormi l’opzione di partire e io ho accettato senza pensarci due volte.
    Guardo fuori dal finestrino, sospirando. Sono su questo taxi da quella che mi pare un’eternità. L’autista sembra intendere la mia impazienza, perché dopo pochi secondi mi rivolge la parola per dirmi: “Manca solo qualche minuto all’arrivo.” Lancio un’occhiata allo specchietto retrovisore interno per esaminare l’uomo, per poi ringraziarlo velocemente e riportare il mio sguardo fuori dal finestrino. Sta iniziando a fare buio e l’unica cosa che riesco a vedere sono le sagome degli alberi a lato del viale. Appoggio la testa al finestrino e chiudo gli occhi, cercando di concentrarmi sul rumore delle ruote del taxi e non sui miei pensieri.
    Dopo poco il taxi si ferma, facendomi tornare alla realtà. Scendo dalla macchina, recupero la mia valigia nera e pago l’autista, che dopo pochi secondi mi lascia da solo nel piazzale del Ballynamire. Mi guardo intorno: è tutto come lo avevo lasciato, sembra che il tempo si sia fermato all’istante prima dell’incendio. Il piazzale è illuminato dalle luci soffuse dei lampioni ed in giro non sembra esserci nessuno eccetto il sottoscritto. Una delle cose che mi piaceva di più era la tranquillità e il silenzio, che in questo momento non mancano. Gli studenti adesso saranno a letto, stanchi dopo gli allenamenti con i loro fedeli compagni. Non capisco questa loro passione per i cavalli, sono solo animali. Durante la mia permanenza due anni fa non sono mai riusciti a farmi salire su uno di quegli animali e sono sicuro che non riusciranno nemmeno stavolta.
    Cerco nella tasca dei jeans il pacchetto di sigarette, da cui ne prendo una e la porto alle labbra. La accendo e faccio un tiro.
    Sono tornato, finalmente.


    mi scuso per eventuali errori ma sono dal telefono^^


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    :sebastian:
    Il tassista alza la voce per informarmi che siamo giunti a destinazione e per risvegliarmi dal leggero sonno nel quale sono caduto più o meno a metà viaggio.
    Prendo Brutus in mano e pago il tassista che mi guarda stranito cercando di capire che razza di animale è il mio scoiattolo. Ridacchio tra me e me e prendo lo zaino che è nel bagagliaio. Faccio un leggero cenno del capo all'uomo e lo guardo allontanarsi, leggermente infastidito dallo scricchiolio della ghiaia a contatto con le ruote.
    Non avrei mai pensato di tornare in questo posto, sopratutto perché l'unica persona con cui avevo veramente legato, sebbene in modo bizzarro, era Aidan, e non credo tornerà. E ho anche rischiato di non tornare perché sono una testa di cazzo. Durante il mio ultimo momento di mania perché ho smesso di prendere le medicine, qualche mese fa, sono quasi finito sotto un treno.
    Mia madre per poco non moriva di infarto quando le ho comunicato che volevo tornare qui, ma ho vinto io.
    Non sembra essere cambiato nulla, anche se non si capisce molto dato il buio. Non c'è nessuno nel piazzale o almeno credo che sia così finché non vedo una leggera lucina non molto lontano da me, sembra essere una sigaretta accesa.
    Mi avvicino e noto essere un ragazzo Ehi, nuovo arrivato? chiedo facendo un sorrisetto furbo.
     
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    Non ricordo con esattezza quando io abbia avuto l’ultima ricaduta. C’è stato un periodo in cui mi rifiutavo di prendere ogni sorta di medicina, credendo di stare bene.l e di non averne più bisogno. Inutile dire che non fosse così: ho passato una settimana intera in camera mia, chiuso a chiave. Stavo sempre sdraiato sul letto, mi sentivo così stanco e vuoto. Non riuscivo a dormire perché la mia testa era piena di pensieri che non volevano lasciarmi stare. Mangiavo poco, mi rifiutavo di uscire e non volevo vedere nessuno.
    Un giorno ho persino pensato di farla finita.
    Ritorno alla realtà sentendo le ruote di una macchina a contatto con la ghiaia del piazzale. Mi volto per vedere quello che mi sembra un taxi fermarsi non troppo distante da me. Con la poca luce non riesco a vedere bene la persona che è scesa, ma già da questa distanza posso vedere che è molto alta, forse come me. La macchina riparte, lasciando me e lo sconosciuto nel piazzale.
    Torna nuovamente il silenzio. Non faccio molto caso al nuovo arrivato, anche perché non mi interessa così tanto dare il benvenuto e fare da guida a qualche ragazzino entusiasta perché finalmente è arrivato nel luogo dove possono realizzarsi tutti i suoi sogni.
    Il ragazzo si avvia verso di me, facendo scricchiolare la ghiaia. Man mano che si avvicina, riesco a studiarlo meglio. Avevo ragione riguardo all’altezza: sarà almeno un metro e novanta. I capelli sono sul biondo, abbastanza lunghi, gli occhi sono chiari, vispi. Dai lineamenti del viso non mi pare che sia inglese e nemmeno americano. Forse viene dal nord Europa, oppure è tedesco.
    ”Ehi, nuovo arrivato?” chiede, mentre sul viso gli si forma un sorriso beffardo. Porto di nuovo la sigaretta alle labbra, per poi rispondere semplicemente ”Non proprio.”
    Sono sempre stato un ragazzo di poche parole e in tanti hanno scambiato questo mio modo di essere per timidezza o per superiorità. La verità è che non mi piace molto parlare, soprattutto con gli sconosciuti.
    ”Tu?” aggiungo poco dopo, mentre sposto il mio sguardo dal suo viso alla bestiolina che sta tenendo in mano. Non ho idea di che animale sia, assomiglia molto ad uno scoiattolo. Aggrotto le sopracciglia, non avendo mai visto niente del genere.


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    :sebastian:
    Ora che gli sono più vicino riesco a vederlo meglio. Che fosse alto quanto me si capiva anche da lontano ma ora riesco a vedere che ha i capelli scuri un po' anni '50, col ciuffetto un po' ridicolo mentre gli occhi sono chiarissimi e la cosa mi colpisce immediatamente.
    Scuoto impercettibilmente la testa e smetto di squadrarlo per non sembrare un maniaco, che sia un bel ragazzo non c'è dubbio.
    ”Non proprio.” La sua è una risposta piuttosto secca e da ciò capisco che non ha moltissima voglia di parlare, ma è risaputo che io non sono un tipo che si arrende davanti a un po' di silenzio.
    Siccome lui sta fumando decido di mettere Brutus sulla spalla libera dallo zaino e tiro fuori il pacchetto di Marlboro dalla tasca, accendendomi una sigaretta a mia volta. Probabilmente penserà che sono pazzo ma poco importa.
    ”Tu?” mi chiede giusto mentre sto facendo tutti questi scambi strani. Alzo lo sguardo e lo punto sul suo viso.
    In verità no, è più un ritorno il mio. Penso che questo posto abbia qualcosa di strano, una volta che ci vivi poi non puoi più farne a meno spiego facendo un tiro mentre sento lo scoiattolino conficcare i suoi artigli minuscoli nella spalla.
     
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    Poso nuovamente lo sguardo sul viso del ragazzo di fronte a me. Sto ancora cercando di capire la sua provenienza, sono sempre più sicuro che sia svedese o norvegese.
    Con la mano libera sposto il ciuffo che mi era caduto sugli occhi e sbuffo leggermente. Non so più che cosa fare con i miei capelli. Sono sempre stati un problema e da quando me li sto facendo crescere sono ingestibili. Mi piacciono molto in stile anni 50, ma se continueranno ad essere così scomodi sarò costretto a tagliarli.
    Il biondo, vedendo che sto fumando, decide di fare lo stesso. Inizia a fare varie acrobazie in modo non troppo aggraziato, mettendo prima lo strano animale sulla spalla dove non c’è appoggiato lo zaino, poi prendendo una sigaretta dalla tasca e accendendola subito dopo. Scena alquanto comica, ad essere sincero. Ed il biondo già a primo impatto mi sembra un soggetto particolare, ma comunque simpatico.
    ”In verità no, è più un ritorno il mio. Penso che questo posto abbia qualcosa di strano, una volta che ci vivi poi non puoi più farne a meno” mi risponde mentre fa il primo tiro dalla sigaretta. Annuisco, perché ha pienamente ragione. Anche io sono tornato perché qui mi sono sempre trovato bene, anche se in realtà non conosco bene le ragioni.
    Studio meglio il ragazzo, per cercare di capire se io l’abbia già visto oppure no. Non mi pare familiare, sebbene lui abbia detto di essere già stato qua. Può essere che io non l’abbia mai incontrato qui in giro, dato che non sono mai uscito più di tanto e soprattutto, non ho fatto molte conoscenze.
    A questo punto dovremmo iniziare con le presentazioni, essendo calato il silenzio. Eppure non sono mai stato bravo nelle conversazioni, quindi preferisco che sia il ragazzo di fronte a me a fare il primo passo.


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    :sebastian:
    Il ragazzo che ho davanti mi sembra piuttosto silenzioso e poco incline alle chiacchiere dato che l'unico suo segno di vita alla mia frase è un leggero annuire del capo.
    *Il gatto ti ha mangiato la lingua?*
    Inarco le sopracciglia perplesso nel tentativo di capire se è infastidito o se è solo ritardato, ma non sembra nessuna delle due cose, potrei quasi dire che è timido, e se è così non c'è che una cosa da fare per risvegliarlo dal suo stato di coma.
    Gli sorrido beffardo e lo guardo negli occhi Senti, non so se ti sto in culo a pelle o hai solo sonno ma io non sono una persona sgarbata, Sebastian Hansen, piacere mi presento tendendogli la mano, mantenendo comunque il mio tono scherzoso, non ho voglia di fare a pugni con qualcuno la sera del mio arrivo.
    Sento il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni ma decido di ignorarlo per non sembrare sgarbato, ma sembra qualcosa di urgente vista l'insistenza. Lo prendo dalla tasca e rispondo senza nemmeno guardare chi è, tanto non può essere nessuno oltre mia madre.
    Seb, ciao, sei arrivato? E' andato tutto bene? Perché non mi hai chiamato? Hai preso le tue medicine? Sembra che non respiri nemmeno quando mi fa tutte queste domande e per me passare dall'inglese al norvegese è un po' stressante.
    Sì, mamma, sono arrivato, E' andato tutto bene. Non ho avuto tempo. E le medicine le prenderò appena arrivo in camera. Ciao, ti voglio bene le rispondo in norvegese per poi chiudere quando la sento tirare un sospiro di sollievo, non avrebbe mai voluto che fossi qui.
    Scusami, mia madre dico al ragazzo che ho di fronte per poi riporre il cellulare in tasca.
     
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    Il ragazzo sembra abbastanza stranito dal mio fare silenzioso. La sua espressione cambia molto velocemente: inarca le sopracciglia e mi guarda incuriosito, come se stesse cercando di capire quali siano i miei problemi. Lo capisco, non credo sia facile avere a che fare con un tipo come me.
    Dopo pochi istanti, il suo volto cambia nuovamente espressione, lasciando spazio ad un grande sorriso sornione. “Senti, non so se ti sto in culo a pelle o hai solo sonno ma io non sono una persona sgarbata, Sebastian Hansen, piacere“ mi dice, allungandomi la mano. Inarco il sopracciglio, mentre mi sfugge una piccola risata, cosa che non capita molto spesso.
    Ahi, il ragazzo ha carattere penso, guardandolo. Sicuramente la finezza non è una delle due doti migliori. Non ha detto quella frase per essere cattivo, ma dietro al sarcasmo si poteva individuare un po’ di verità.
    Poso lo sguardo sulla sua mano e gliela stringo, per ribattere “Beh, Sebastian Hansen, mi dispiace informarti che se stavi cercando l’anima della festa o semplicemente uno che ama parlare della sua vita, non l’hai trovato. A dire il vero, sono l’esatto opposto.” Lascio la sua stretta ferrea e poi aggiungo ”Brian McQueen”
    Veniamo poi interrotti dalla vibrazione del suo telefono. Lo afferra e risponde, senza nemmeno guardare chi lo sta chiamando. Inizia poi a parlare in una lingua che non conosco. Dal tono di voce sembra scocciato, come se volesse terminare al più presto la chiamata. Dopo qualche istante il suo desiderio sembra realizzarsi, perché mette finalmente giù e riporta la sua attenzione su di me. ”Scusami, mia madre.” Sospiro, perché so che cosa vuol dire avere qualcuno che deve sempre starti addosso. È strano che i miei zii non mi abbiano ancora mandato un messaggio o chiamato, in realtà. ”Dio, ti capisco. Ogni tanto i familiari sanno essere così opprimenti” gli rispondo portando gli occhi al cielo. Sono stato abbastanza vago sulla mia famiglia e spero vivamente che non mi faccia domande sui miei genitori.


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    Sorrido nel notare che non riesce a trattenere una risatina e capisco di aver fatto centro, magari finalmente si ammorbidisce un pochino e capisce che non mordo e che quindi può pure rivolgermi la parola. Non ho idea del perché io ci tenga così tanto a farlo parlare, è così e basta.
    Mi stringe la mano a sua volta e finalmente dice una frase composta da più di due parole “Beh, Sebastian Hansen, mi dispiace informarti che se stavi cercando l’anima della festa o semplicemente uno che ama parlare della sua vita, non l’hai trovato. A dire il vero, sono l’esatto opposto. Brian McQueen”
    Gli rispondo dopo aver chiuso la chiamata. Ci sarà qualcun altro a fare l'anima della festa, se fossero tutti chiacchieroni e con una voglia matta di saltellare in giro penso che avremmo tanto mal di testa tutti quanti dico facendo spallucce.
    Sospira nell'apprendere che è stata mia madre a chiamarmi ”Dio, ti capisco. Ogni tanto i familiari sanno essere così opprimenti”. Annuisco lievemente e sbuffo Mia madre è un continuo preoccuparsi se sto bene, se ho mangiato o se ho preso le medicine. Diversi tentati suicidi l'hanno resa iperprotettiva. Avere ventidue anni per il cazzo... esclamo tranquillo facendo spallucce come se fosse la cosa più normale del mondo. Per me è molto facile parlare di queste cose.
     
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    Mentre il ragazzo è al telefono, mi ritrovo a studiare nuovamente il suo viso: è senza dubbio un bel ragazzo e scommetto che piaccia sia a molte ragazze sia a ragazzi. Quando mette giù il telefono, poso lo sguardo altrove, per non essere preso come un pazzo maniaco. Ma d’altronde guardare attentamente i lineamenti di un viso, i particolari o il comportamento delle persone è una cosa che ho sempre fatto.
    Risponde alla mia affermazione, dicendo: ”Ci sarà qualcun altro a fare l'anima della festa, se fossero tutti chiacchieroni e con una voglia matta di saltellare in giro penso che avremmo tanto mal di testa tutti quanti.” Annuisco perché ha ragione: se nessuno stesse zitto un attimo, io non resisterei nemmeno un secondo. ”Mi farebbero impazzire del tutto e sarei rinchiuso in un manicomio” gli rispondo, sforzandomi di fare una frase composta da almeno cinque parole. Per adesso però la conversazione è piacevole e non mi sta dispiacendo stare in sua compagnia.
    ”Mia madre è un continuo preoccuparsi se sto bene, se ho mangiato o se ho preso le medicine. Diversi tentati suicidi l'hanno resa iperprotettiva. Avere ventidue anni per il cazzo... “ racconta, mentre io inarco ancora una volta le sopracciglia. È spaventoso sentire la facilità con cui sta parlando dei suoi tentati suicidi. Mi ha lasciato spiazzato, devo ammetterlo. Io mi faccio mille problemi a parlare del bipolarismo e sicuramente non lo vado a raccontare alla prima persona che incontro. Ha parlato anche di medicine, quindi potrebbe soffrire di depressione o di bipolarismo, come me. Mi sentirei più a mio agio nel sapere che c’è qualcun altro che soffre del mio stesso disturbo.
    In più ha detto di avere ventidue anni. Ad essere sincero, non gliene avrei dati più di venti. Molto probabilmente non sarà uno studente, ma un istruttore oppure un lavoratore.
    Ritorno serio e gli chiedo: ”Hai sofferto di depressione?” Guardo poi la mia sigaretta, che è ormai finita.


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    :sebastian:
    Sento il suo sguardo che analizza ogni centimetro del mio viso ma decido di far finta di nulla, che io sia bello si sa, e se vuole guardare che faccia pure, non sarò certo io a farmi problemi.
    Ridacchio leggermente alla sua affermazione e annuisco Sarebbe un peccato risponde con nonchalance quasi spaventosa.
    Capisco di averlo spiazzato con la mia frase sui miei tentati suicidi, penso che la gente non ne parli abbastanza, ma a mio parere è un momento del passato come un altro e se si fa finta di nulla si finisce col dimenticarsene. ”Hai sofferto di depressione?” mi chiede serio.
    Annuisco e lo guardo negli occhi Sì, più volte durante l'arco della mia vita, proprio perché ho smesso con le medicine, per questo mia madre si preoccupa tanto. Le medicine servono a tenere buono il mio bipolarismo, soprattutto perché l'ultima volta che ho avuto una "crisi" ho pensato di poter sopravvivere sui binari di un treno faccio le virgolette con le dita sulla parola 'crisi' anche se ho la sigaretta nella mano destra, ormai quasi consumata, perciò faccio un ultimo tiro.
    Non so perché gli ho detto tutto questo, è un po' pesante come prima discussione e probabilmente fra poco scapperà a gambe levate Probabilmente pensi che io sia pazzo, puoi anche scappare se preferisci gli dico scherzosamente arricciando le labbra e ruotando gli occhi.
     
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    Ridacchia divertito alla mia risposta e commenta: ”Sarebbe un peccato.” Lo dice con molta naturalezza, come se non avesse nemmeno pensato prima di parlare. ”Finirai per farmi arrossire” ribatto a mia volta, scuotendo la testa.
    Inizia poi a spiegarmi:”Sì, più volte durante l'arco della mia vita, proprio perché ho smesso con le medicine, per questo mia madre si preoccupa tanto. Le medicine servono a tenere buono il mio bipolarismo, soprattutto perché l'ultima volta che ho avuto una "crisi" ho pensato di poter sopravvivere sui binari di un treno”, facendo le virgolette sulla parola ‘crisi’. Lo guardo, irrigidendo la mascella. Avevo ragione, anche lui è bipolare. Mentre cerco una risposta adatta da dargli, lui aggiunge ”Probabilmente pensi che io sia pazzo, puoi anche scappare se preferisci”, mentre sul viso gli si forma un’espressione piuttosto buffa.
    Non so cosa rispondergli. Non so se dirgli che anche io sono bipolare oppure no, perché lui è un ragazzo che non ho mai visto e non ci tengo a raccontargli tutto quello che non va nella mia vita. Eppure, c’è un qualcosa che mi spinge a dirgli che lo capisco, che anche io ho passato le sue stesse situazioni. Scuoto la testa e getto la sigaretta finita a terra. ”Non posso scappare da una persona che ha il mio stesso problema” gli dico, senza pensare troppo. Non lo guardo mentre rivelo del mio disturbo in modo piuttosto vago, ma porto la mia totale attenzione alla sigaretta che sto cercando di spegnere con la scarpa, piuttosto a disagio.


    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:51
     
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    :sebastian:
    ”Finirai per farmi arrossire” ribatte alla mia frase e io sorrido furbo. C'è da chiedersi a questo punto quale sia il suo orientamento sessuale, a questo punto, ma la cosa non mi importa molto, riuscirei a rendere gay chiunque, è un bel ragazzo e so già che ci sarà da divertirsi.
    Farò finta di non notarlo gli dico alzando l'angolo della bocca e facendo un rapido movimento con le sopracciglia, poverino, mi fa un po' di peccato, lo sto tormentando solo perché ho capito che è timido, ma tanto riesco a capire se una persona si sente a disagio, perciò cercherò di non farlo impazzire.
    ”Non posso scappare da una persona che ha il mio stesso problema” mi dice anche lei e io sgrano gli occhi, abbastanza sicuro che non mi stia guardando, visto che sembra particolarmente concentrato sul mozzicone che sta calpestando, non perché debba essere spento ma perché si sente a disagio. Non ho mai incontrato qualcuno con il mio stesso problema, anche se sono consapevole che è un disturbo piuttosto comune. Ho sempre cercato di pensare che nessuno oltre a me debba passare questi momenti che vanno dal terribile all'assurdo, invece ora la verità mi è stata sbattuta in faccia, e il fatto che ci sia qualcuno che mi capisca non mi consola affatto.
    Non mi interessa essere compatito, anche se ho conosciuto Brian solo una ventina di minuti fa, forse, non merita questo incubo.
    Sto fissando un punto nel vuoto da un po' e me ne sto in silenzio con le sopracciglia inarcate e il pugno sinistro chiuso. Mi risveglio dallo stato di trance solamente quando Brutus fa un strano suono e allora mi ricompongo tornando alla mia solita espressione.
    Mi dispiace, il bipolarismo è una grandissima merda, fa soffrire chi c'è l'ha e tutte le persone che ci vogliono bene. Ma ce l'abbiamo e dobbiamo tenercelo, non vedo l'ora che diventi una persona in carne e d'ossa, così posso prenderlo a calci nel culo, o magari diventano due, così mi diverto il doppio esclamo cercando di far tornare la conversazione leggera, anche se dubito, ma gli sorrido.
    Mi dispiace, Brian...
    Vorrei essere la persona che fingo di essere, quella a cui non frega di nulla.
     
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    ”Farò finta di non notarlo” ribatte mentre un sorriso furbo si fa spazio sul suo viso, accompagnato dalle sopracciglia che si alzano velocemente. Questo ragazzo è molto bravo a mettere a disagio le persone, non posso negarlo. Non capisco se il suo sia un comportamento amichevole o se stia iniziando a provarci. Nel caso della seconda opzione rimarrebbe deluso, perché io non sono mai stato attratto da un altro ragazzo.
    Dopo avergli fatto la mia confessione, il ragazzo resta in silenzio. Passa qualche istante prima che io riesca ad alzare di nuovo lo sguardo su di lui. Sta fissando il vuoto, le sopracciglia inarcate e il corpo in tensione. Devo averlo lasciato abbastanza spiazzato, ma anche io lo sono. È la prima volta che incontro un altro ragazzo bipolare, non so se essere sollevato o ancora più triste. Il bipolarismo non è una bella cosa e sapere che anche lui ha passato momenti di merda mi fa sentire meno solo, ma comunque dispiaciuto per lui.
    Dopo quella che sembra un’eternità, il ragazzo si risveglia sentendo un buffo verso proveniente dall’animale sulla sua spalla. Ritorna all’espressione di prima, o almeno ci prova, e fa prendere alla conversazione una piega più divertente, dicendo:”Mi dispiace, il bipolarismo è una grandissima merda, fa soffrire chi c'è l'ha e tutte le persone che ci vogliono bene. Ma ce l'abbiamo e dobbiamo tenercelo, non vedo l'ora che diventi una persona in carne e d'ossa, così posso prenderlo a calci nel culo, o magari diventano due, così mi diverto il doppio.” Sorride, ma non mi sembra così sereno come all’inizio della nostra conversazione.
    “Ti prego, se ti capita di incontrarlo, chiamami. Anche io vorrei partecipare a questa riunione” gli dico, scuotendo la testa e smettendo di tormentare la povera sigaretta, ormai distrutta.
    Per cercare di cambiare discorso, guardo il piccolo animale e chiedo al ragazzo: ”Lui chi è?” Ho davvero bisogno di non parlare del bipolarismo, è un argomento che riporta a galla brutti ricordi legati ai miei genitori e ora non ho voglia di deprimermi.



    Edited by »Tigrotta« - 12/8/2018, 12:50
     
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    “Ti prego, se ti capita di incontrarlo, chiamami. Anche io vorrei partecipare a questa riunione” dice, finalmente smettendo di muovere il piede in preda all'agitazione, lasciando finalmente in pace quel povero mozzicone che in fondo non gli aveva fatto nulla.
    Lo farò gli rispondo semplicemente. Magari il bipolarismo potesse essere una cosa fisica da prendere a calci nel culo, avrei qualcosa su cui sfogare tutta la rabbia accumulata in questi anni, riuscirei a vendicarmi e magari mi sentirei più libero, ma purtroppo non potrà mai succedere e sia io che Brian dobbiamo tenerci sta merda.
    Noto che sposta lo sguardo su Brutus e la cosa mi rende abbastanza felice perché finalmente riusciremo ad alleggerire un po' questa conversazione che per una semplice coincidenza si è appesantita all'improvviso ”Lui chi è?” mi chiede finalmente, lo avevo già capito che fosse incuriosito dal mio scoiattolo, perché ammetto che è un po' difficile scoprire cos'è.
    Lui è Brutus comincio guardandolo con la coda dell'occhio, notando che si è appisolato come se fosse la cosa più naturale del mondo dormire sulla mia spalla. E' uno scoiattolo volante giapponese, so che può sembrare uno strano animale da compagnia ma da piccolo lo volevo così tanto che quando sono cresciuto abbastanza da potermelo comprare da solo ho deciso di comprarmene uno spiego ricordandomi ancora quanto pregavo mia madre e mia zia di comprarmi uno scoiattolo quando ero piccolo, ma si erano sempre rifiutate di tenere un animaletto in casa.
     
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    "Lo farò" mi risponde semplicemente Sebastian, come se fosse ancora troppo preso dai suoi pensieri per formulare una frase più articolata. Anche nei pochi istanti di silenzio che seguono, riesco a capire che sta ancora pensando al bipolarismo. Sembra davvero dispiaciuto che anche io ne soffra, ma d'altronde che posiamo fare per combatterlo? Non è come la febbre o il raffreddore, che dopo una o due settimane se ne va; il bipolarismo è sempre lì. L'unica soluzione per stare bene è prendere le medicine. Quanto mi piacerebbe essere normale. Nessuna preoccupazione, nessuna malattina, nessun sentirsi depresso, sbagliato. E come se non bastasse, ogni volta che penso al bipolarismo, i miei ricordi vanno subito a soffermarsi su mia madre, che ne soffriva come me. Ma lei è morta a causa di questo disturbo.
    Riporto la mia attenzione sul ragazzo, che guarda il piccolo animale che sta dormendo sulla sua spalla. "Lui è Brutus. E' uno scoiattolo volante giapponese, so che può sembrare uno strano animale da compagnia ma da piccolo lo volevo così tanto che quando sono cresciuto abbastanza da potermelo comprare da solo ho deciso di comprarmene uno" mi racconta, più sereno rispetto a prima. Ci voleva questo cambio di argomento.
    Annuisco e allungo la mano in direzione di Brutus, per accarezzarlo. "Posso?" chiedo, per essere certo di poterlo accarezzare. Non voglio essere morso da uno scoiattolo volante.
    Mi ricordo che da piccolo avevo sempre desiderato un gatto. L'avrei voluto chiamare Bizet, come uno dei micetti degli Aristogatti, uno dei miei cartoni animati preferiti. Ricordo che ogni sera pregavo i miei genitori di farmelo guardare e ormai recitavo ogni battuta a memoria.
    Il gatto però non arrivò mai, perchè mio padre era allergico.
     
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